"Indipendenza": per l'opposizione al regionalismo differenziato, espressione del progetto di integrazione europea e disgregazione nazionale. noregionalismodifferenziato@gmail.com
Nelle prossime settimane si terranno a Roma due manifestazioni contro il secondo governo Conte e le politiche economiche neoliberiste imposte dai Trattati europei, cui da sempre i governi di questo Paese aderiscono ideologicamente e fattivamente in modo più o meno ossequioso.
Indipendenza, al netto di alcune perplessità, sarà presente in entrambe le occasioni. Per conoscere, dialogare e confrontarsi costruttivamente…Chiunque fosse interessato a conoscerci in quelle sedi o volesse prenotare dei numeri della rivista, ci contatti per scambio numeri telefonici.
D’altro canto la stessa Lega, che ieri rivendicava la ‘Padania’ e oggi si batte per il regionalismo differenziato, non ha mai posto in discussione una prospettiva di integrazione europea. Accettata quell’opzione di fondo, le conseguenze a cascata (tagli, privatizzazioni, aumento della pressione fiscale sui ceti territorialmente vincolati, erosione dei diritti, precarietà…) non sono negoziabili ma sono ricomprese in quella ‘razionalità strategica della crisi’ per giungere, con una nota massima di Milton Friedman, dal ‘politicamente impossibile al politicamente indispensabile’.
Nella relazione (“Integrazione europea e regionalismo differenziato: dentro la decostruzione dello Stato nazionale”) si mettono in evidenza le dinamiche regionaliste incentivate dalla UE, tappa intermedia per la disarticolazione degli Stati nazionali percepiti quali luoghi di garanzie e diritti (sociali in primis) possibilmente sempre più effettivi.
Nel nome della ‘competizione tra territori’ la dinamica in atto mira a creare livelli di governo subnazionali e transnazionali –le euroregioni– finalizzate a tirare la volata all’integrazione federale europea, per la quale l’indipendenza e la sovranità nazionali sono fastidiosi intralci al libero dispiegarsi delle forze economiche e geopolitiche di cui è espressione e braccio operativo.
L’attuale fase, caratterizzata da una spinta rivendicazione autonomistica da parte di tre regioni (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna) si inserisce in un solco pluridecennale e trova i propri fondamenti nella sciagurata riforma del Titolo Quinto della seconda parte della Costituzione varata nel 2001 dal centrosinistra. Questa riforma, fra l’altro, ha introdotto all’art. 117, quello che ha ridisegnato il riparto fra Stato e regioni della potestà legislativa, l’obbligo di coerenza all’ordinamento comunitario della legislazione nazionale. Insomma, regioni sempre più ‘autonome’, purché non si fiati sui diktat europei.
All’epoca, come ora, “Indipendenza” intervenne –con azioni e informazioni– opponendosi. Nel sito tematico dedicato alla campagna (https://noregionalismodifferenziato.home.blog/) sono riportate le nostre prese di posizione sulle riforme costituzionali del 2001 e di quella, tentata dal centrodestra e fortunatamente bocciata, del 2006.
L’intervento di cui sopra si inscrive in tale solco e intende saldare la critica al regionalismo differenziato con il rifiuto del contestuale svuotamento delle prerogative statuali da parte degli enti sovranazionali, a partire –ma senza a ciò limitarsi– dall’Unione Europea.
Lo sport non è un fatto politicamente neutro e “Indipendenza” ne è profondamente convinta: laddove ci sono masse è necessario intervenire per la formulazione di un’alternativa di società. L’assegnazione al tandem Milano-Cortina delle Olimpiadi della neve 2026 è un fatto potenzialmente foriero di importanti sviluppi: si tratta di una vero banco di prova per quel fronte lombardo-veneto trasversale ai partiti che punta, senza nemmeno troppo nasconderlo, alla fine dell’Italia nella sua dimensione nazionale articolando un livello di inedita subalternità agli assetti neocarolingi già oggi egemoni in Europa.
In un quadro tutt’altro che di ‘ripresa’ si punta al ‘grande evento’ (prima Expo, ora le Olimpiadi a Milano e i mondiali di sci del 2021 a Cortina), relativamente lontano nel tempo per parlare d’altro, distrarre e inseguire improbabili chimere, come se i ruderi degli impianti di Italia ’90, delle olimpiadi di Torino 2006 e dei mondiali di nuoto di Roma 2009 nulla avessero insegnato.
Vi è però un convitato di pietra: l’Alto Adige, anch’esso sempre più spinto in un’orbita centrifuga dalle locali forze politiche, decisamente propense a uno sganciamento dall’Italia, con il favore peraltro del Partito Democratico, tradizionalmente vicino alla SVP (Partito Popolare Sudtirolese, che ospitò Maria Elena Boschi nel celebre collegio di Bolzano alle scorse politiche). In tale area si terranno svariate gare dei previsti giochi. Anche tale elemento chiarisce quale dimensione sarà sottesa alla manifestazione a cinque cerchi: una fiaccola con cui sarà facile scottarsi. (Alberto Leoncini – Indipendenza, Treviso)
All’interno di tale piattaforma intendiamo portare il nostro contributo coniugando la critica al regionalismo differenziato con quella all’integrazione europea, atteso che la prima costituisce la declinazione sul piano istituzionale interno di tale processo.
La decostruzione dello Stato nazionale come spazio dei diritti non è un fatto casuale, accidentale men che meno ‘naturale’, è il frutto di una ben precisa linea d’indirizzo che, in ossequio ai dettami del liberismo mercatista, mira a eliminare le strutture collettive di espressione democratica preposte alla garanzia dei diritti sociali. Non è un caso che nella riforma del titolo V della Costituzione del 2001 si sia partiti dalla regionalizzazione della sanità e che oggi la partita prenda le mosse dalla scuola: si tratta di ambiti nevralgici sul piano economico ma soprattutto politico nella prospettiva di costruire una società di clienti e non di cittadini e di frazionare l’accesso ai servizi essenziali su basi censitarie.
Le elezioni europee ci hanno consegnato un’Italia con la Lega (Nord) primo partito con percentuali inedite di consenso nei ‘collegi bunker’ del settentrione: record in provincia di Treviso con oltre il 50% dei voti. Già a spoglio in corso Salvini e soci hanno rilanciato sul tema dell’autonomia e del regionalismo differenziato, a ennesima dimostrazione che qualsiasi prospettiva ‘nazionale’ è una pura invenzione a uso e consumo dei media, così come asseriti ‘sovranismi’ vari ed eventuali.
È evidente che quello sia il terreno su cui la Lega punta ad andare all’incasso, direzionando sapientemente il profondo malcontento del Nord funzionalmente agli interessi delle classi dominanti continentali. Molte delle più rilevanti ragioni di scontento per l’elettorato di riferimento sono derivanti da normative comunitarie (“bail in” nelle crisi bancarie, fattura elettronica, imposizione indiretta come l’IVA…), eppure si vende a quello stesso elettorato l’idea che asservendosi ancor di più all’orbita neocarolingia e divenendone una marca periferica le cose miglioreranno. In altri termini, non solo si vuol mettere la volpe a guardia del pollaio ma anche restringerne l’area, così da agevolarle il lavoro e risparmiarle inutili fatiche.
Queste considerazioni, banali, non sono però oggetto di denuncia da parte delle varie ‘opposizioni’ perché ciò implicherebbe la messa in discussione dell’ordinamento comunitario e degli assetti di governo in tale sede propugnati, fatto impossibile nell’attuale scenario politico. Cosa resta, dunque? Un Paese in cui si acuiranno profonde divisioni con una parte tutt’altro che al riparo da problemi, valga a titolo d’esempio la lettura di autorevoli studi (qui e qui )che hanno con chiarezza articolato il nesso fra crisi economica e fenomeni suicidiari proprio nel cuore dei feudi leghisti. Storie che pensavamo relegate alla Grecia sotto il tallone della Troika e che invece ci parlano di quell’area che, nella vulgata, è ‘fuori dalla crisi’ e ‘proiettata verso l’Europa’.
Indipendenza non può che ribadire il suo impegno nell’opposizione a questa esiziale dinamica e invita amici e simpatizzanti ad aderire alla pagina della campagna tematica e a divulgare i contenuti del sito tematico così come a intervenire nei luoghi di lavoro, aggregazione e istruzione per portare la prospettiva di un’alternativa di società su presupposti radicalmente diversi dagli attuali.
Ci sono vari insegnamenti da trarre dalla chiusura di alcune stazioni della metropolitana di Roma.
Anzitutto che sotto il tallone delle politiche austeritarie europee anche le cose più banali e quotidiane non sono scontate né acquisite. Siano le scale mobili della metro, le flebo in un ospedale o il riscaldamento a scuola.
Secondariamente dimostra l’importanza anche per gli operatori economici privati, specie per le piccole attività commerciali e artigianali di prossimità, di servizi pubblici efficienti e davvero al servizio della collettività: i cali nei volumi d’affari lamentati in questi giorni nelle aree interessate dalle chiusure, dicono tutto al riguardo.
Da ultimo, e per l’ennesima volta, esplicita tutte le criticità del sistema di appalti ed esternalizzazioni che rende, nei fatti, impossibile governare il servizio e avere una esplicita filiera delle responsabilità.
“Indipendenza” continua a coordinare le proprie rivendicazioni per arrivare ad un’Atac davvero indirizzata all’utilità sociale mediante la creazione di una società speciale di diritto pubblico sottratta alle dinamiche del mercato e del profitto.
dopo il referendum civico dell'11 novembre 2018 continua la mobilitazione per un altro modello di trasporto pubblico. Promosso da Indipendenza-rivista e associazione. Sovranità, indipendenza, liberazione! ass.indipendenza.info@gmail.com peratacserviziopubblico@gmail.com
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