No al regionalismo differenziato: la dichiarazione dell’Esecutivo Nazionale del 28 dicembre 2020

“Comitato per il ritiro di qualunque autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, la rimozione delle diseguaglianze”

Dichiarazione dell’Esecutivo Nazionale – 28 dicembre 2020 Il DDL sull’Autonomia Differenziata stralciato dalla Legge di Bilancio! Più che mai: ritiro di qualunque progetto di Autonomia Differenziata!

Mentre il 18 dicembre tante cittadine e tanti cittadini manifestavano in tutta Italia, in 25 città –davanti alle prefetture o alla sedi delle Regioni– per lo stralcio dalla Legge di bilancio del DDL di applicazione dell’Autonomia Differenziata, a Roma si svolgeva per quattro ore il presidio davanti al Parlamento, con diversi parlamentari che uscivano dall’Aula per discutere con i promotori della mobilitazione.

È da queste e questi parlamentari che si è appreso che il DDL sull’Autonomia differenziata è stato stralciato dalla Legge di bilancio, notizia confermata nei giorni successivi. A queste e questi parlamentari, che si sono pubblicamente dichiarati solidali con la nostra lotta, chiederemo quanto prima un incontro.

Si tratta di un primo successo importante: un pericolo è stato sventato, l’irreparabile non si è realizzato, le possibilità di fermare l’Autonomia differenziata restano intatte.Questo risultato è prima di tutto il frutto della mobilitazione di questi anni e in particolare degli ultimi mesi, che ci ha visto ad ottobre lanciare per primi l’allarme sulla Legge di bilancio e poi, insieme alla Rete dei Numeri Pari, promuovere una Lettera Aperta ai parlamentari e la mobilitazione stessa.

Una mobilitazione che ha visto i Comitati territoriali organizzare riunioni, assemblee, momenti informativi, costruendo così il successo del 18 dicembre, anticipato –il giorno prima– da una straordinaria conferenza di lancio con la Rete dei Numeri Pari, seguita da alcune migliaia di persone, con la partecipazione di costituzionalisti, economisti, giornalisti, esponenti dell’associazionismo, di partiti e sindacati.

Non c’è dubbio: un nuovo passo avanti è stato fatto per unirci dal Nord al Sud in un vero cordone di lotta e resistenza alla divisione della Repubblica, per affermare che essa non può che essere “una e indivisibile”, fondata sulla solidarietà, sui diritti sociali e sull’uguaglianza di tutti i cittadini.

D’altra parte, è innegabile che questo risultato è legato ad un altro fatto: la crisi del Covid-19 ha portato alla luce del sole il fallimento della prima regionalizzazione (“riforma” del Titolo V) e quindi ha indirizzato le voci di tanti esperti, associazioni storiche delle lotte per la democrazia, associazioni di difesa della sanità e della scuola pubblica, ambientaliste, esponenti politici e sindacali, cittadini di tutto il Paese e di ogni idea politica: tutti indignati che in un momento grave come quello che viviamo, con uno scontro istituzionale come quello in atto tra Stato e Regioni (frutto appunto di una regionalizzazione che è già andata sin troppo avanti), si potesse anche solo pensare di fare un nuovo passo nella direzione che ha già prodotto danni tanto grandi.Ma se la mobilitazione e l’indignazione sono riuscite ad imporre per il momento uno stop, nondimeno sappiamo che il pericolo non è scomparso, anzi.Innanzitutto perché l’Autonomia differenziata viene richiesta a gran voce da diverse Regioni (al Veneto, alla Lombardia e all’Emilia-Romagna si sono aggiunti il Piemonte e il Friuli-Venezia-Giulia); in secondo luogo perché il governo non ha abbandonato il progetto di una Legge quadro che ne permetterebbe il varo; infine, perché l’opposizione spinge per accelerare in questo senso.

Noi lo diciamo chiaramente: un solo passo in più su questa strada può avere conseguenze pericolosissime e aprire scenari inquietanti.

La “riforma” del Titolo V lo dimostra: i processi che vengono innescati attribuendo maggiori poteri politici alle Regioni possono anche rimanere più o meno sopiti per un certo tempo, ma quando esplodono hanno conseguenze gravissime. Oggi, con la crisi sanitaria, economica e sociale che stiamo vivendo, sarebbe da irresponsabili lasciare spazio a nuovi poteri alle Regioni, su 23 materie che coinvolgono la dimensione economica, legislativa e sociale del Paese e che arrivano a delineare rapporti diretti tra le Regioni stesse e l’Unione Europea.

Non è per nulla esagerato dire che un ulteriore passo in questa direzione, tanto più in un Paese nel quale la criminalità organizzata ha il ruolo che tutti conosciamo, aprirebbe davvero lo scenario di venti piccole Italie in lotta tra di loro e con lo Stato centrale, ampliando ulteriormente le diseguaglianze.

Per questo oggi, sventato il primo pericolo, è necessario mettere uno stop definitivo a questa prospettiva, innanzitutto con il ritiro di qualunque ipotesi di Legge quadro o di DDL applicativo del comma 3° dell’articolo 116 della Costituzione (*) e quindi con l’abrogazione di questo stesso comma.Certo, siamo coscienti che ciò non esaurirebbe la discussione su come rimediare ai danni portati dalla riforma del Titolo V, né su come promuovere davvero una sanità e una scuola pubblica di qualità, uguali in tutta Italia, né su come garantire una politica nazionale che metta insieme il diritto al lavoro, i diritti del lavoro e la salvaguardia dell’ambiente, né su quali rapporti debbano esistere tra Stato centrale e amministrazioni locali per conseguire questi obiettivi.Ma un dato è certo: queste discussioni non potranno nemmeno cominciare se nel frattempo l’Autonomia differenziata verrà varata, dando così il via ad un processo disgregativo irreversibile.

Il Covid, nella sua tragicità, sta aprendo gli occhi di tutti sul valore della sanità pubblica, dei diritti uguali per tutti, dei danni delle privatizzazioni che non avrebbero più limiti con l’Autonomia differenziata.

La nostra lotta, lanciata in ben altre condizioni all’inizio dell’estate 2019, è più attuale che mai.Un primo risultato è stato ottenuto: ripartiamo da questo primo successo, coscienti che solo la cancellazione definitiva del pericolo dell’Autonomia differenziata potrà aprire la porta alla riparazione dei danni prodotti in questi anni e alla realizzazione dei principi contenuti nella prima parte della Costituzione.

Per questo diamo fin d’ora appuntamento –ai Comitati di scopo, alle 120 associazioni che hanno sottoscritto il primo appello, a chiunque voglia partecipare– ad una nuova assemblea generale online, venerdì 15 gennaio 2021, ore 18, per discutere come continuare la mobilitazione.(*)

Il comma 3° dell’art. 116 della Costituzione riformato nel 2001 è quello che permette l’Autonomia differenziata attraverso la concessione di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle Regioni a statuto ordinario.

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Per il ritiro di qualunque autonomia differenziata: verso l’incontro con il ministro Boccia

L’Esecutivo del Comitato Nazionale per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata si è riunito a Roma il 15 febbraio 2020, a poche ore dalla comunicazione ricevuta dal ministro Boccia che ha fissato un incontro per ricevere una delegazione del Comitato, il 17 marzo prossimo.
Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le dichiarazioni del governo che intendono tranquillizzare in merito al contenuto della Legge quadro, all’esclusione di alcune materie/funzioni dai processi di Autonomia differenziata, alla pre-condizione che le Intese con le Regioni possano avvenire solo dopo la definizione dei LEP e, più in generale, alla garanzia che l’Autonomia differenziata possa essere attuata nel rispetto dell’unità della Repubblica. Fonti sindacali e di movimenti come le Sardine hanno riferito di queste rassicurazioni che il governo avrebbe dato, anche modificando il disegno di Legge quadro presentato a novembre.
Noi stiamo però ai fatti: ad oggi nessuna modifica alla Legge quadro è stata resa pubblica, nessuna rassicurazione ha trovato riscontro.
Non possiamo dunque commentare le indiscrezioni o le dichiarazioni fatte, che non si appoggiano su dati certi. Ancora una volta, invece, constatiamo che l’iter dell’Autonomia differenziata non viene portato al dibattito pubblico, in modo trasparente, così da permettere alle/i cittadine/i, alle associazioni, ai sindacati e ai comitati come il nostro di partecipare alla discussione e di intervenire con iniziative tempestive.
Per questo, nel rilanciare il nostro Appello al governo e ai parlamentari per il ritiro della Legge quadro, che nella sola versione circolata finora apre la porta ai peggiori pericoli di divisione del Paese e dell’unità della Repubblica, chiediamo al Governo che qualunque novità stia intervenendo venga resa pubblica al più presto. Ciò al fine di permettere a tutte/i di esercitare i propri diritti democratici, che non si limitano al voto in occasione di qualche tornata elettorale, ma si esplicano nella conoscenza di quello che il Governo e il Parlamento preparano e discutono, per potersi organizzare liberamente nel contrastare o sostenere i processi in corso.
Sarà sulla base dei fatti che potremo valutare le eventuali novità.
Nel frattempo, consideriamo che l’appuntamento fissato dal ministro Boccia ad una nostra delegazione rappresenti un fatto molto importante, un primo risultato del nostro lavoro, dei documenti prodotti, delle assemblee nazionali realizzate, della costituzione di 40 Comitati di scopo territoriali, delle mobilitazioni messe in atto a dicembre e a gennaio.
Questo segnale ci incoraggia a proseguire il lavoro, sia a livello di Esecutivo Nazionale, sia a livello locale con i comitati di scopo, che si stanno rivelando il migliore strumento per far conoscere il pericolo alle/i cittadine/i e contrapporre ad esso l’unità della mobilitazione, dal sud al nord, nel miglior spirito di partecipazione democratica e di solidarietà tra le zone del Paese.
Le oltre 100 assemblee locali che si sono svolte, grazie al lavoro di decine di attivisti, rappresentano un risultato e un punto di partenza. Occorre proseguire in questa direzione anche per promuovere la partecipazione alla elaborazione di un documento che definisca le nostre posizioni rispetto alla fase attuale del dibattito e ulteriori forme di mobilitazione nazionale.
Si decide di lanciare sin d’ora una nuova Assemblea Nazionale, riservandosi di definire la data in funzione dell’evolversi della situazione e dei risultati dell’incontro con il ministro Boccia.
Roma, 15 febbraio 2020
ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org

Contro ogni autonomia differenziata: senso e prospettiva strategica della lotta

Far crescere la partecipazione, incrementare numero –e radicamento– dei Comitati di Scopo, alzare così il livello qualitativo e l’incidenza dell’azione intorno alla questione cruciale dell’autonomia/regionalismo differenziato.

Da quando ricevemmo l’invito ed aderimmo senza indugi alla proposta di convocazione di un’assemblea nazionale, fissata al 7 luglio scorso, per costituire un “Coordinamento per il ritiro di qualunque Autonomia Differenziata”, Indipendenza sta facendo la sua parte.
Ci si prodiga anche perché aderiscano altre realtà della sinistra non liquefatta, aree dissidenti interne al 5S e formazioni sovraniste che da subito avrebbero dovuto aderire (c’è chi ha cominciato ad affacciarsi…). Come è nostra prassi, si lavora pure curando i rapporti –ed allacciandone costantemente di nuovi– con militanti e simpatizzanti delle diverse realtà di cui sopra, tramite iniziative, incontri informali e quant’altro (con l’occasione ringraziamo chi –ultimi, ma non ultimi– ci ha accolto sabato a Foggia, per l’interessante dialogo che ne è scaturito e per quanto di operativo scaturirà).
Si tratta di contrastare l’autonomia differenziata su quelle 23 materie indicate in Costituzione (art. 117) decisive per le ricadute negative su quel che resta dei diritti sociali e per l’esistenza stessa dell’Italia come Stato unitario, oggetto di un attacco sempre più virulento alla sua unità nazionale, al suo diritto a non essere frantumato territorialmente in ‘marche’ carolinge (UE) e atlantiche (USA).In questi giorni si sta evidenziando ai più la valenza devastante anche del MES, Meccanismo Europeo di Stabilità (2012) e dei relativi intendimenti riformistici ancor più rigoristi e predatori del direttorio franco-tedesco dell’Unione Europea.

Ebbene, confrontarsi ed interagire nei Comitati di Scopo sarà utile per le ragioni suddette di contrasto, ed anche per conoscersi nell’azione, per allargare gli orizzonti attraverso il confronto, perché si produca una crescita politica collettiva…
La posta in gioco, del resto, l’impone.

 

A livello governativo il procedimento per l’autonomia differenziata viaggia spedito. La bozza di legge quadro preparata dal ministero di Boccia, dopo essere stata presentata ai governatori delle regioni richiedenti, è stata approvata dalla conferenza Stato-regioni.Per accelerare ulteriormente, il suo testo è stato approntato come emendamento alla legge di bilancio, per farlo passare in quella sede.
Tale bozza finge di porre un argine all’accentuazione degli squilibri fra le regioni, prevedendo la determinazione di livelli essenziali di prestazione uguali per tutte le regioni, che sono però livelli minimi e non uniformi (come vorrebbe invece l’articolo 3 della Costituzione) e per di più pone un termine di dodici mesi per la semplice determinazione (non certo l’attuazione) dei LEP (Livelli Essenziali di Prestazione), dopo il quale l’autonomia differenziata si avvierebbe lo stesso, sulla base della spesa storica che, come ben sappiamo, premia le regioni più ricche.

Occorre fare di tutto per informare la popolazione su cosa sta succedendo. Si è deciso che nella terza settimana di dicembre (a partire dal 10) si faranno sul territorio nazionale (in base alle diverse potenzialità) una serie di iniziative concordate, dal volantinaggio, ai flash mob, a lezioni in piazza per sensibilizzare. Poi nella seconda settimana di gennaio, in contemporanea, un presidio in piazza sotto le sedi delle regioni.

A Roma, martedì 3 dicembre 2019, via Flaminia 53 (sala Bianca)
– ore 16.30: Assemblea del Coordinamento romano per il ritiro di qualunque autonomia differenziata, per l’organizzazione delle mobilitazioni;
– ore 17.30: 3° seminario di approfondimento. Il bluff dei livelli essenziali delle prestazioni e la secessione silenziosa: come l’autonomia differenziata aggrava l’attuale divario Nord-Sud della spesa storica. Relatore Andrea Del Monaco, esperto di fondi europei.

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3 dicembre regionalismo

Lega e regionalismo differenziato

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Rapporto Svimez: il Sud Italia sotto il tallone europeo

Come interpretare i drammatici dati emersi dal recente rapporto Svimez sul Sud Italia (qui in sintesi)?

Non vi è altro modo se non porsi, una volta per tutte, nell’ottica di legare l’aumento del divario fra Nord e Sud Italia nel solco del perseguimento del percorso di integrazione federale europea: qualsiasi opposizione al regionalismo differenziato o a sue varianti che non ponga contestualmente in discussione l’assetto di governo sovranazionale è, nella migliore delle ipotesi, una battaglia di retroguardia o una schermaglia per regolare i conti all’interno del recinto dei vassalli italofoni.

D’altro canto la stessa Lega, che ieri rivendicava la ‘Padania’ e oggi si batte per il regionalismo differenziato, non ha mai posto in discussione una prospettiva di integrazione europea. Accettata quell’opzione di fondo, le conseguenze a cascata (tagli, privatizzazioni, aumento della pressione fiscale sui ceti territorialmente vincolati, erosione dei diritti, precarietà…) non sono negoziabili ma sono ricomprese in quella ‘razionalità strategica della crisi’ per giungere, con una nota massima di Milton Friedman, dal ‘politicamente impossibile al politicamente indispensabile’.

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Al referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto vota “NO”

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