Tappezzeria, frasi di circostanza per mascherare uno stato di cose ormai incontrovertibile: i livelli di governo subnazionali e transnazionali (euroregioni) sono parte essenziale e imprescindibile di quel disegno di disarticolazione della dimensione nazionale cui il federalismo europeo mira.
D’altro canto i balbettii dell’inquilino del Quirinale sul regionalismo differenziato e sulle spinte centrifughe ormai conclamate non solo da parte del Nord Italia -si veda ad esempio
l’intendimento della Sicilia di portare il giudizio di Cassazione in Sicilia e non più a Roma, notizia passata totalmente sotto silenzio e che potrebbe portare in futuro a celebrare i processi per mafia in Sicilia, laddove si arrivasse anche ad avere sezioni penali oltre alle civili, con tanti saluti alla retorica su Falcone, Borsellino e le vittime della mafia- non sono casuali reticenze o sottovalutazioni, segnano un’accondiscendenza nei fatti a un modello che pretende la fine dello Stato unitario e del quadro di legalità costituzionale per fornire la libera agibilità alle forze economiche nel nome della ‘competizione fra territori’.
Lo svuotamento della dimensione statuale verso l’alto (Unione Europea) e verso il basso (regioni e amministrazioni decentrate) sono le due facce della medaglia liberista: porre fine alle prerogative fondamentali (moneta, imposizione fiscale, politica doganale e commerciale, amministrazione della giustizia…) per porre fine ai diritti sociali su base generale e universalistica (scuola, sanità, previdenza sociale, mobilità…) delegandone l’attuazione a enti che strutturalmente sono impossibilitati ad attuarli non essendo appunto dotati di sovranità: contro queste dinamiche Indipendenza continuerà a non far mancare la propria voce in ogni sede di intervento.
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