Referendum autonomista in Veneto: quali evoluzioni per la scuola pubblica

Per noi di Rivista Indipendenza la scuola e tutto il sistema della formazione è un asse fondamentale per il riorientamento politico/economico del Paese e per l’articolazione di un’alternativa di società (si veda al proposito ‘Capitalismo globalizzato e scuola’, secondo titolo della nostra collana bibliografica ). Dobbiamo pertanto dar conto, con il massimo della stigmatizzazione, degli esiziali sviluppi sul fronte della pubblica istruzione conseguenti al processo di ‘differenziazione’ dello Statuto della Regione Veneto, nel solco della plebiscitaria affermazione del ‘SI’ al referendum del 22 ottobre 2017, volto ad attuare l’art. 116 Costituzione così come novellato dalla pessima riforma del 2001 (L.Cost.3/2001, modificativa del Titolo V, Parte II Costituzione), nella prospettiva di dar vita a una regione a ‘statuto differenziato’.

Riportiamo alcuni stralci della presa di posizione di USB Scuola

Per quel che riguarda l’istruzione, la proposta è sostanzialmente la regionalizzazione completa di scuola e università: programmi, tassazione, ricerca, personale. Questo significa che la regione avrebbe totale arbitrio in tutte le decisioni che riguardano l’istruzione, indipendentemente da quello che accade nel resto del paese.[…] È chiaro che non possiamo che respingere questa proposta per molti motivi, tutti di enorme portata.

In primo luogo, siamo di fronte alla violazione più completa del principio solidaristico e di redistribuzione su base nazionale, per cui chi produce più ricchezza potrà tenerla per sé, impoverendo chi è già più debole. Una legge del genere permetterebbe di avere tanti sistemi di istruzione quante sono le regioni italiane, creando evidenti sperequazioni e differenze di opportunità tra i bambini e i giovani del paese. L’autonomia in fatto di programmi ci fa pensare a programmi piegati alle esigenze del sistema produttivo dei diversi territori; non è un caso che le proposte partano da quelle regioni dove il sistema produttivo ancora tiene e che evidentemente ritengono di potersi liberare della “zavorra” delle regioni del Sud o, in generale, più impoverite, restando agganciate alle nazioni centro e nord europee e al loro sistema economico. […] Ci preoccupa moltissimo l’idea che il personale diventi regionale, per molte ragioni: in primo luogo perché, come nel DDL Pittoni per l’istituzione del domicilio professionale, ci leggiamo il vecchio progetto leghista delle gabbie salariali e la volontà di impedire alle persone di trasferirsi, ovvero impedire ai docenti del sud di tornare nelle terre d’origine. Ma la regionalizzazione del personale ci preoccupa anche perché si concretizzerebbe in una perdita di retribuzione, visto che tradizionalmente il settore regionale (quello della Formazione Professionale) ha stipendi più bassi di quello dei docenti statali. Inoltre, la regionalizzazione dei titoli e delle vie di accesso alla professione docente potrebbe comportare esiti paradossali e pericolosi.

Infine, non ci sembra affatto che i settori che già sono in carico in gran parte alle regioni, come la sanità, ne abbiano risentito positivamente: allungamento dei tempi d’attesa, proliferazione di centri privati, aumento dei ticket, gravi episodi di corruzione, come recentemente dimostrato dal caso Formigoni.”

Noi siamo stati fra i promotori attivi della Campagna per il No al referendum dello scorso anno , al quale invece le forze politiche, tanto di maggioranza che di opposizione, hanno tributato una acritica accondiscendenza se non un aperto supporto, e tutt’oggi  manteniamo la nostra pagina su facebook che invitiamo a seguire, specie chi risieda nelle regioni Veneto e Lombardia per proseguire la lotta iniziata un anno fa contro quello che è un vero e proprio attacco alla dimensione solidaristica nazionale senza in nulla mettere in discussione i vincoli strutturali della dipendenza derivanti dalla filiera euroatlantica (UE/BCE, NATO, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio-WTO).

Sovranità, indipendenza, liberazione!

Dopo il referendum in Veneto e Lombardia: quali prospettive

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org

Pubblicità

Giorgio Cremaschi sul referendum autonomista

L’Italia ha il fiscal compact, quello che Renzi e Salvini dicono di voler cambiare, direttamente inserito nella Costituzione. La modifica dell’articolo 81 è un atto devastante della nostra democrazia, compiuto quasi alla unanimità dal parlamento precedente a quello attuale. Assieme alla costituzionalizzazione dell’austerità ci sono poi il patto di stabilità che distrugge l’autonomia di spesa degli enti locali e il controllo diretto della UE sui bilanci pubblici. Come si fa a chiedere più autonomia per le regioni se tutto il meccanismo di governo imposto dalla austerità europea nega ogni libertà di spesa a tutti le istituzioni della Repubblica?” […] “Dunque il quesito sull’autonomia è fasullo, però dietro di esso se ne nasconde uno vero, che non a caso ha raccolto grande consenso nel mondo imprenditoriale. La domanda nascosta è : visto che l’austerità istituzionale vincola rigidamente il bilancio della regione, possiamo riconquistare autonomia privatizzando?”

Rassegna dalla campagna elettorale al referendum autonomista

Riportiamo una sintesi dei più rilevanti contenuti condivisi sulla pagina facebook della campagna elettorale dell’autunno 2017 in modo che ne resti traccia storica:

Fronte Popolare per il NO al referendum

E l’ottimo spot elaborato

Una risposta ai pifferai del Nord (Alessandro Carnevale da ilfattoquotidiano.it)

Un contribuo del nostro socio Matteo Volpe

Da partitodelsud.eu: Al netto di alcuni passaggi ‘Nord contro Sud’ e viceversa, segnaliamo questo articolo che esprime un’idea di fondo condivisibile: chiunque abbia una visione progressista e inclusiva della società non può che rigettare l’idea di un ‘regionalismo’- radicato peraltro su regioni che sono una mera suddivisione amministrativa, alla faccia ‘dell’identità’- ispirato solo dalla logica dei ‘capponi di Renzo’ e della guerra fra poveri: dissanguati e rapinati dai padroni sovranazionali contendiamo le briciole fra una regione e l’altra. Uno dei tanti motivi per dire NO 

ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) sul referendum

Socialismo2017 su autonomia regionale, decentramento e ruolo delle provincie.

La Città Futura sul dibattito referendario

Il Partito Umanista per il NO al referendum

Una posizione blanda che non affronta gli snodi di fondo della ‘dipendenza’ che si articola su ben altre direttrici strategiche ma che sul piano contingente coglie una delle linee di fondo dell’operazione, cioè l’idea di costruire ‘Roma in laguna’. Come le vicende delle grandi opere hanno dimostrato l’attenzione alle ‘comunità locali’ degli amministratori è una pura enunciazione.

Come per il referendum costituzionale del 4 dicembre ci sono molti ‘no’, occorre quindi tenere ben distinto chi promuove tali ragioni per ragioni di bottega o per regolare dei conti che riguardano altro con chi contesta questa iniziativa sull’assunto che non incida minimamente sui nodi strutturali della dipendenza, atteso che, come disse il governatore della BCE Draghi ‘abbiamo inserito il pilota automatico’.

“La cosa evidente è che di fronte ad un referendum consultivo che non legittimerà nulla, i politici dividono l’Italia tra i baroni e i terroni.
E a chi conviene dividere un Popolo, secondo me non è un uomo che può rappresentare lo Stato.” (da movimentoesseresinistra.it)

Nulla di cui stupirsi: le destre sono serventi alle classi dominanti e non fanno mai mancare il sostegno alle iniziative utili per strumentalizzare e sterilizzare le necessità delle classi subalterne aizzando le masse contro falsi bersagli: siano essi gli emigranti o ‘Roma ladrona’, si tratta di un meccanismo ampiamente rodato.  (l’ultradestra sul referendum autonomista)

Articolo sinteticamente efficace per chiarire come ‘l’inutilità’ sostanziale si accompagni a un preciso disegno finalizzato a distrarre l’opinione pubblica dai veri temi di interesse per i ceti che subiscono il modello economico dominante: deindustrializzazione, cementificazione, tagli alle politiche sociali e cure austeritarie ‘lacrime e sangue’. 
“Ma che significa “materie di legislazione concorrente”? Che già oggi, per queste materie, “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Ergo: su tutta una serie di materie, dalla sicurezza sul lavoro all’energia, dal governo del territorio ai porti (e agli aeroporti), passando per le casse di risparmio, la protezione civile e la valorizzazione dei beni culturali, già oggi le regioni decidono e legiferano, sebbene nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento.”
“Sul piano politico, come è stato riconosciuto da più parti, esso costituisce un mezzo attraverso il quale la Lega nazionalista cerca di rinsaldare il suo rapporto col Nord, recuperando, a pochi mesi dalle elezioni politiche (e a spese dei cittadini), il vecchio argomento dell’autonomia, su cui ha campato per oltre un ventennio.” (huffingtonpost.it)

Altreconomia.it sul referendum autonomista

Linkiesta.it cinque buone ragioni per dire NO ai referendum di Maroni e Zaia

Possibile Brianza per il NO: “Non sarà invece una maggiore autonomia o un nuovo statuto a raccontare “la specialità” della Lombardia, quella specialità sì é costruita nel tempo, sulle responsabilità che i cittadini di questa terra hanno saputo assumersi, cittadini, che nel quadro dell’unità nazionale, non sono mai venuti meno al loro ruolo politico, economico e sociale. Mi auguro che domenica, i cittadini lombardi, non si accontentino di costruire una Regione speciale, ma abbiano l’ambizione di immaginare una nuova Italia speciale.”

Alcuni passaggi andrebbero ovviamente discussi e altri sono al limite della provocazione, certo è che la stragrande parte del pezzo è condivisibile e descrive uno stato di fatto oggettivo e una crisi culturale, economica e politica che non può essere nascosta come polvere sotto il tappeto.Da casacibernetica.wordpress.com

Luigi de Magistris interviene sui referendum autonomisti, cogliendo alcuni snodi importanti: anzitutto il fatto che per la struttura storica dell’Italia abbia molto più senso parlare di municipalismo e articolazioni territoriali subregionali, come le province, poi l’ineludibilità politica del ripudio dei vincoli di finanza pubblica oggi dominanti per un’Italia ‘costituzionalmente orientata’ come dice giustamente. Nord e Sud devono essere, oggi più che mai, uniti nella lotta contro il modello economico liberista e contro la filiera euroatlantica che lo promuove.