Il lato oscuro del regionalismo differenziato

Nella retorica delle forze politiche –tutte– che a vario titolo hanno sostenuto le iniziative referendarie autonomiste in Veneto e Lombardia (22 ottobre 2017) era sotteso un messaggio che si può riassumere in questi termini: “sostenere il referendum autonomista è comunque un elemento positivo per tutto il Paese perché avvicina i cittadini alle scelte politiche e in prospettiva porterà a maggiore efficienza con una responsabilizzazione degli enti regionali rispetto alle risorse dei loro territori: le regioni del Nord sono maggiormente ‘pronte’ e quindi è giusto che inizino questo percorso”. Tra l’altro questa era la retorica agitata dalla ‘democratica’ Emilia Romagna supinamente accodatasi ai leghisti veneti e lombardi.

Ora, al di là del fatto che nessuna emancipazione sociale è possibile all’interno del quadro vincolistico eurounitario né che mai è stato in discussione alcuno sganciamento dalle politiche neoliberiste derivanti da tale istituzione, c’è un elemento assolutamente sottovalutato, cioè che l’iniziativa fosse stata concepita come apertamente secessionista.
Andiamo con ordine.

All’inizio del 2014 gruppi indipendentisti veneti lanciano la votazione on line plebiscito.eu per domandare l’indipendenza del Veneto. Zaia si schiera a favore dell’iniziativa e spiega a chiare lettere come intende proseguirne il solco e, nei fatti, la legittima. 

In quello stesso anno si tiene il Basta Euro Tour di Claudio Borghi in concomitanza con la campagna per le elezioni europee, con una tappa anche a Treviso. A quell’appuntamento partecipa anche Luca Zaia, con un intervento che dice meglio di chiunque altro la strumentalità delle posizioni ‘eurocritiche’ della Lega, che in realtà è da sempre un partito vassallo della Germania e della sua orbita di dominio:

Poche settimane dopo viene emanata la legge regionale del Veneto 16/2014 con inequivoco titolo: “Indizione del referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto” .

Tale legge, naturalmente, cadde sotto la scure della Corte Costituzionale con la sentenza 118/2015, di cui si cita il passaggio chiave: “Una iniziativa referendaria che, come quella in esame, contraddica l’unità della Repubblica non potrebbe mai tradursi in un legittimo esercizio del potere da parte delle istituzioni regionali e si pone perciò extra ordinem”.

Non solo quindi il brodo di coltura secessionista è evidente fin dalla genesi dell’operazione quanto, anche, la funzionalità di tale processo all’integrazione sovranazionale e all’attrazione delle aree del Nord Italia nella prospettiva di renderle dei satelliti del blocco economico-politico neocarolingio.

C’è un passaggio, però, su cui si richiama l’attenzione: l’agitazione dell’interesse ‘nazionale’ sbandierato dalle forze politiche dominanti per sdoganare le politiche austeritarie e l’adesione alla gabbia liberista dell’Unione Europea sono un mero paravento. Quando concretamente si tratta di contrastare dinamiche disgregative dell’unità e indivisibilità della Repubblica (art. 5 Costituzione), provengano esse dall’interno come dall’esterno, le connivenze della nostra classe dirigente con i blocchi dominanti europei o atlantici non mancano di palesarsi.

“Indipendenza” rifiuta questo stato di cose, anzi è attivamente impegnata per organizzare politicamente il contrasto a questa nuova, inedita, modalità disgregativa del nostro quadro istituzionale, politico ed economico.

Indipendenza
14 febbraio 2019

La bozza dell’intesa da roars.it 

Regionalismo differenziato, questione settentrionale e puntini sulle “i”

Dopo il referendum in Veneto e Lombardia: quali prospettive

Al referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto vota “NO”

Indipendenza per il NO al referendum sull’autonomia del 22 ottobre in Veneto e Lombardia

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org

Pubblicità

Regionalismo differenziato, questione settentrionale e puntini sulle “i”

Indipendenza è stata, fin dalle prime battute della campagna referendaria (estate 2017), una delle pochissime organizzazioni apertamente schieratesi per il NO al referendum autonomista in Veneto e Lombardia, così come all’analogo processo avviato dall’Emilia Romagna, promuovendo una campagna di controinformazione sia attraverso iniziative pubbliche sia attraverso la pagina facebook .  Prima di Natale una sintetica messa a punto ad un anno di distanza.

Una primogenitura che intendiamo evidenziare alla luce degli allarmi ultimamente espressi da settori dei sindacati del comparto scuola da organizzazioni politiche della sinistra, da singoli esponenti intellettuali, da centri di studio.

Apprezziamo questi interventi e prese di posizione e ribadiamo la disponibilità a co/promuovere iniziative di opposizione ma altrettanto non possiamo che stigmatizzarne la tardività e la parzialità: la tardività perché durante la campagna referendaria sono stati lasciati dilagare la Lega e i suoi messaggi, permettendo a tale partito di egemonizzare il disagio delle regioni del Nord incassandone il correlato dividendo elettorale su temi oggettivamente urgenti (alleggerimento della pressione fiscale per i ceti territorialmente vincolati, crisi dei servizi pubblici locali che, nonostante la vulgata, colpisce pesantemente anche il Nord Italia, restringimento del credito bancario a famiglie e imprese etc..), parzialità perché nelle forze che stanno criticando il processo di differenziazione in atto nulla viene detto sul ruolo dell’Unione Europea e sul fatto che, senza metterne in discussione le linee d’indirizzo pro mercato e sostanzialmente a uso e consumo del blocco Nord Europeo (Germania in primis), nessuno dei problemi del Nord verranno risolti, anzi il processo di disgregazione nazionale in atto è funzionale a disarticolare un potenziale concorrente del blocco dominante europeo.
Anche nelle critiche che stanno emergendo, quindi, l’impianto vincolistico comunitario ispiratore della riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione approvata nel 2001 (l.cost.3/2001), nella quale appunto gli ‘statuti differenziati’ sono stati introdotti, non è oggetto di critica specifica, circoscrivendo il dibattito ad una caricaturale competizione fra il Nord e il Sud Italia, come se ci fosse una divaricazione di necessità e bisogni: l’urgenza a ogni latitudine è la liberazione dal giogo euroatlantico. Il resto sono chiacchiere.

Va detto, in questo senso, che tutti i partiti hanno espresso il loro assenso a quello che è stato impostato come un plebiscito e una successiva ‘differenziazione’ orchestrati per dirottare il malcontento verso ‘Roma’ anziché verso Bruxelles e Francoforte, due piccioni con una fava: distogliere dal vero problema la parte più ricca e popolosa del Paese e indirizzare su un binario morto le rivendicazioni di cambiamento. Il giogo europeo non sarà scalfito in nulla dal processo di differenziazione avviato, anzi; mentre si sproloquia di ‘tutela del Made in Italy’ e delle produzioni tradizionali, di sostegno alle piccole e medie imprese, di avvicinare la politica ai territori, si viene attratti nell’orbita di una organizzazione politica, l’UE, costruita su misura per le multinazionali, lontanissime dal modello di impresa del Nord Italia, rendendo le istituzioni locali –in ragione dei vincoli di finanza pubblica– dei meri notai dei desiderata europei, sostenendo la più supina omologazione culturale ed economica nel nome della deregolamentazione del mercato.

Come dicevamo durante la campagna elettorale, nel commentare l’iniziativa dei ‘governatori’ (Zaia e Maroni): il vero governatore ha inserito il pilota automatico, facendo riferimento alla lapidaria frase di Mario Draghi. Senza mettere in discussione il progetto di integrazione europea, nessun cambiamento ed emancipazione sono possibili, a Nord come a Sud.

Indipendenza

30 gennaio 2019

Dopo il referendum in Veneto e Lombardia: quali prospettive

Al referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto vota “NO”

Indipendenza per il NO al referendum sull’autonomia del 22 ottobre in Veneto e Lombardia

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org

Referendum autonomista un anno dopo: quali snodi attorno al Veneto

Zaia annuncia il ‘regalo di Natale per i veneti’: il percorso di differenziazione dello Statuto arriva in Consiglio dei Ministri. Chiunque fosse dotato delle basilari capacità di analisi politica avrebbe potuto capire che dietro la carnevalata del ‘referendum autonomista’ dello scorso anno ci fosse ben altro rispetto alle smanie di protagonismo di Zaia e sodali. Oggi il quadro si sta delineando in modo molto chiaro: strade (Pedemontana su tuttecontro ferrovie, istruzione regionalizzata e di fatto smantellata (qui il dossier di Roars , e questo sempre sul tema istruzione qui il nostro precedente comunicato) ma, non da ultimo, i risvolti nazionali della vicenda. La critica, ovviamente, non è da rivolgere primariamente alla Lega, quanto all’insipienza rinunciataria degli astensionisti, in particolare ‘progressisti’ con la puzzetta sotto il naso, oltre che con gli utili idioti del SI (PD, FI, M5S…). Questo articolo di Mauro Ammirati è interessante, forse un po’ troppo filogovernativo, ma coglie determinati passaggi del processo in atto.

Noi naturalmente manteniamo attiva la pagina del comitato per il NO al referendum autonomista che abbiamo promosso e invitiamo sempre lettori e simpatizzanti a unirsi nella lotta contro i veri usurpatori, del Nord come del Sud: UE, BCE, FMI, WTO e NATO. Essendo appena uscito il numero 45 della rivista, invitiamo ad acquistarlo, richiederlo e diffonderlo.

Dopo il referendum in Veneto e Lombardia: quali prospettive

Al referendum sull’autonomia in Lombardia e Veneto vota “NO”

Indipendenza per il NO al referendum sull’autonomia del 22 ottobre in Veneto e Lombardia

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org

Referendum autonomista in Veneto: quali evoluzioni per la scuola pubblica

Per noi di Rivista Indipendenza la scuola e tutto il sistema della formazione è un asse fondamentale per il riorientamento politico/economico del Paese e per l’articolazione di un’alternativa di società (si veda al proposito ‘Capitalismo globalizzato e scuola’, secondo titolo della nostra collana bibliografica ). Dobbiamo pertanto dar conto, con il massimo della stigmatizzazione, degli esiziali sviluppi sul fronte della pubblica istruzione conseguenti al processo di ‘differenziazione’ dello Statuto della Regione Veneto, nel solco della plebiscitaria affermazione del ‘SI’ al referendum del 22 ottobre 2017, volto ad attuare l’art. 116 Costituzione così come novellato dalla pessima riforma del 2001 (L.Cost.3/2001, modificativa del Titolo V, Parte II Costituzione), nella prospettiva di dar vita a una regione a ‘statuto differenziato’.

Riportiamo alcuni stralci della presa di posizione di USB Scuola

Per quel che riguarda l’istruzione, la proposta è sostanzialmente la regionalizzazione completa di scuola e università: programmi, tassazione, ricerca, personale. Questo significa che la regione avrebbe totale arbitrio in tutte le decisioni che riguardano l’istruzione, indipendentemente da quello che accade nel resto del paese.[…] È chiaro che non possiamo che respingere questa proposta per molti motivi, tutti di enorme portata.

In primo luogo, siamo di fronte alla violazione più completa del principio solidaristico e di redistribuzione su base nazionale, per cui chi produce più ricchezza potrà tenerla per sé, impoverendo chi è già più debole. Una legge del genere permetterebbe di avere tanti sistemi di istruzione quante sono le regioni italiane, creando evidenti sperequazioni e differenze di opportunità tra i bambini e i giovani del paese. L’autonomia in fatto di programmi ci fa pensare a programmi piegati alle esigenze del sistema produttivo dei diversi territori; non è un caso che le proposte partano da quelle regioni dove il sistema produttivo ancora tiene e che evidentemente ritengono di potersi liberare della “zavorra” delle regioni del Sud o, in generale, più impoverite, restando agganciate alle nazioni centro e nord europee e al loro sistema economico. […] Ci preoccupa moltissimo l’idea che il personale diventi regionale, per molte ragioni: in primo luogo perché, come nel DDL Pittoni per l’istituzione del domicilio professionale, ci leggiamo il vecchio progetto leghista delle gabbie salariali e la volontà di impedire alle persone di trasferirsi, ovvero impedire ai docenti del sud di tornare nelle terre d’origine. Ma la regionalizzazione del personale ci preoccupa anche perché si concretizzerebbe in una perdita di retribuzione, visto che tradizionalmente il settore regionale (quello della Formazione Professionale) ha stipendi più bassi di quello dei docenti statali. Inoltre, la regionalizzazione dei titoli e delle vie di accesso alla professione docente potrebbe comportare esiti paradossali e pericolosi.

Infine, non ci sembra affatto che i settori che già sono in carico in gran parte alle regioni, come la sanità, ne abbiano risentito positivamente: allungamento dei tempi d’attesa, proliferazione di centri privati, aumento dei ticket, gravi episodi di corruzione, come recentemente dimostrato dal caso Formigoni.”

Noi siamo stati fra i promotori attivi della Campagna per il No al referendum dello scorso anno , al quale invece le forze politiche, tanto di maggioranza che di opposizione, hanno tributato una acritica accondiscendenza se non un aperto supporto, e tutt’oggi  manteniamo la nostra pagina su facebook che invitiamo a seguire, specie chi risieda nelle regioni Veneto e Lombardia per proseguire la lotta iniziata un anno fa contro quello che è un vero e proprio attacco alla dimensione solidaristica nazionale senza in nulla mettere in discussione i vincoli strutturali della dipendenza derivanti dalla filiera euroatlantica (UE/BCE, NATO, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio-WTO).

Sovranità, indipendenza, liberazione!

Dopo il referendum in Veneto e Lombardia: quali prospettive

ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org